mercoledì 8 aprile 2020

L'EFFICIENZA DEL PRINCIPE MACHIAVELLIANO

Personalmente ritengo che il concetto di efficienza sia da sempre stato centrale o, laddove non lo fosse, quantomeno presente - anche marginalmente - nel corso dello svolgersi delle epoche letterarie (soprattutto ma non solo) italiane.
Come opera-simbolo di tale concetto ho scelto di trattare il "Principe" (inizi del XVI secolo) del grandissimo scrittore fiorentino Niccolò Machiavelli: in essa è inserita la tematica dell'efficienza dotata di una forza comunicativa sorprendente e dalla presenza assolutamente centrale all'interno della trattazione.

copertina de il Principe, ed. 1550
E' sull'efficienza del Principe che voglio condurre la mia analisi, i cui capitoli principali vanno dal XV al XXIII, non per nulla proprio quelli che destarono maggior polemica e scalpore della critica, in quanto privilegiano un comportamento quasi a-morale (inteso come assenza di moralità, e non come immoralità) del principe, al fine di conseguire la "verità effettuale della cosa". Il Principe non deve essere inteso come una costruzione ideale da seguire, tutt'al più deve rappresentare un modello che esprima al meglio come "far politica" in un mondo di "non buoni", misurandosi con la realtà concreta e partendo da quella per giungere alle leggi universali da applicare. Per conseguire ciò, il politico si deve inevitabilmente macchiare di qualità talvolta biasimevoli: la grande svolta machiavelliana si esplica nel ritenere che non necessariamente alcune qualità positive siano adatte al conseguimento dei fini, ma che viceversa, alcune qualità negative risultino invece indispensabili, delineando una differenza tra il giudizio politico e quello morale. 

Riferimenti: "IL PIACERE DEI TESTI - L'Umanesimo, il Rinascimento e l'età della Controriforma" vol. 2
Versione integrale dell'operaPrincipe - Machiavelli

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